samedi 11 avril 2009
Pour la foire Milan, MiArt (16-20 avril 2009), la galerie Analix Forever
organise un programme exceptionnel, vidéo only, présenté par des
commissaires et critiques de renom qui ont accepté de jouer le jeu, ceci en
étroite collaboration avec Federica Martini. Parce que la vidéo est une
forme d'art essentielle aujourd'hui !
Immagine, ancora. Il tempo del movimento / Images, encore. Le temps du mouvement / Image, again. The time of movement
Conversazione
Federica Martini: Perché organizzare un evento video a MiART ?
Barbara Polla: Penso che video e cinema siano i media che meglio esprimono lo spirito della nostra epoca, la sua Zeitgeist. Le immagini in movimento riflettono, idealmente, il dinamismo del nostro mondo e della nostra esperienza. Grazie a questa affinità, il video e il cinema offrono un accesso privilegiato a questo universo del sensibile. I confini fra cinema e arte mi interessano precisamente per questa ragione, per la loro capacità di diventare paradigma della relazione fra arte ed esperienza del mondo, un mondo che è nel contempo fonte di ispirazione per l’arte e oggetto di rappresentazione.
La decisione di presentare soltanto video a MiART nasce come reazione alla relativa assenza del video nell’ambito di recenti manifestazioni artistiche che ho visitato. Ho quindi pensato di orientare interamente al video la presenza di Analix Forever a MiART e invitato dei curatori internazionali, Paul Ardenne, Paolo Colombo e Maria Rosa Sossai, a collaborare all’evento e alla sua programmazione. Da sempre, nell’ambito delle attività della Galleria Analix Forever, ho cercato di intensificare le relazioni con altre istituzioni, gallerie e curatori – l’aspetto critico e intellettuale è fondamentale nella pratica artistica contemporanea.
FM: Come si articola il progetto per MiART?
BP: Lo stand comprende 4 spazi di proiezione, 4 black box e uno spazio centrale. All’interno delle sale di proiezione, ogni giorno verrà presentata la programmazione di uno dei curatori. Ciascun curatore propone tre artisti emergenti sulla scena internazionale, e presenta inoltre il video di uno degli artisti della galleria.
Nello spazio centrale, presenteremo una selezione di still e di altre opere di giovani artisti della galleria pensate in relazione al video. Una sezione dello stand sarà dedicata alla documentazione sugli artisti e sui lavori presentati; ci sarà spazio anche per approfondire ulteriormente il dibattito sulla questione del video.
Ciascun curatore presenterà la sua selezione con un testo critico. Delle brevi schede accompagneranno i lavori video degli artisti presentati.
FM: Quando la galleria Analix Forever ha iniziato a interessarsi al video?
BP: La lista degli artisti che lavorano con il video è davvero sterminata e il video è sempre stato presente nella programmazione della galleria, tanto nelle mostre quanto in eventi dedicati. A dicembre, abbiamo presentato una meravigliosa video installazione di Mat Collishaw. Pensata nell’ambito della sua mostra personale, l’installazione si articolava su cinque monitor, degli objets trouvés dall’aspetto antico che, inseriti nello spazio ad altezze differenti, rimandavano frammenti di immagini carpite su You Tube. Lo scarto temporale fra le immagini in movimento scelte dall’artista e la presenza fisica dei monitor creava un ambiente profondamente poetico, dalla bellezza inquietante.
Nel 2007 e nel 2008 abbiamo organizzato La Nuit des 1001 vidéos. L’ultima edizione ha visto la collaborazione di Anne-Sophie Dinant, curatrice alla South London Gallery, da sempre attenta alle ricerche sul video. L’evento prevedeva la proiezione non-stop di video dalle 20 alle 2 del mattino, intercalata da brevi presentazioni degli artisti invitati. Il progetto ha suscitato un grande interesse. Al momento stiamo lavorando alla terza edizione, prevista per l’estate 2009, che includerà anche la selezione presentata in anteprima a MiART.
FM: In occasione della collettiva Working Men, Analix Forever ha presentato il lavoro di Mario Rizzi, Murat ve Ismaïl. Alla Biennale di Istanbul, il lavoro era stato proiettato all’interno di un cinema costruito dall’artista. L’ultimo lavoro di Steve McQueen, Hunger, è uscito nelle sale cinematografiche l’anno scorso. Possiamo tornare sul rapporto fra arte e cinema?
BP: Penso che i confini fra video, cinema – la settima arte – e l’arte siano, per loro stessa natura, labili, come d’altronde, in generale, i confini che separano arti visive e moda, design, architettura, musica e sound art, teatro e performance, scienze ambientali e Land art… L’arte si infiltra dappertutto, si serve di tutto, ingloba tutto. E gli artisti più che mai, si interessano ai limiti, ai margini – e quindi, evidentemente, anche alle immagini in movimento e al cinema.
Questa sparizione delle frontiere è magnifico, ma nello stesso tempo rende più difficili le classificazioni. Un film è un film d’arte perché viene proiettato in un determinato contesto? Smette di esserlo perché viene mostrato in una sala cinematografica – prendo l’esempio del film di Steve McQueen? Alla fine, ricadiamo nella questione della definizione dell’opera d’arte e mi sembra che la risposta possa venire solo ed esclusivamente dall’artista. “Questa è la mia opera d’arte” è un’affermazione necessaria e sufficiente perché essa sia, di fatto, un’opera d’arte.
FM: Alcuni progetti, come il Bureau des vidéos o videoart.ch, hanno tentato di incentivare la fruizione privata del video. Tuttavia, la presenza del video nelle collezioni private è inferiore a quella di altri media, quali la pittura e la fotografia.
BP: Ci sono collezionisti che collezionano video in modo più sporadico, altri vi consacrano una sezione della loro collezione e si dimostranto attenti anche alla video installazione e al film. Molti di loro hanno un atteggiamento estremamente professionale nell’organizzazione della loro collezione e presentano le opere in sale di proiezione o, più semplicemente, su schermi al plasma. Ma credo che in generale, nella camera da letto di un bell’appartamento nel 16° arrondissement a Parigi possiamo trovare più facilmente uno schermo al plasma che funziona come televisione che come installazione video.
Questo perché di fondo numerosi collezionisti nutrono un sospetto nei confronti del video. Fra gli argomenti più ricorrenti, si cita la difficoltà nell’esporlo, per quanto in realtà lo si possa mostrare, ad esempio, semplicemente su un monitor televisivo.
FM: Già Vito Acconci aveva definito la televisione una “scultura domestica per immagini in movimento”, ed era il 1984.
BP: Sì, ma stranamente sembra difficile immaginarlo. O ancora, si nutre un pregiudizio sul suo valore, sulla sua durata, sulla sua natura eccessivamente sperimentale. Inoltre, penso che manchi il video nelle vendite all’asta e questo è un criterio importante per i collezionisti. L’assenza di riferimenti sul valore di mercato del video ha sicuramente un’incidenza; molti collezionisti basano la loro nozione di valore sulle quotazioni d’asta, non sulla presenza di un’opera o di un’artista in un’istituzione o in un museo.
FM: Nel 2009, hai presentato ad Analix Forever la mostra I Am an Artist and, Sometimes, I Use Paint. Potresti fare la mostra I Am an Artist and, Sometimes, I Make Videos?
BP: Volevo mostrare che la pittura è diventata una delle tante forme utilizzate dagli artisti per esprimersi - a prescindere dal fatto che si riconoscano o meno come pittori. La pittura è oggi lontana dall’idea di grande esclusività lirica che la caratterizzava in passato. Nell’ottica dell’espansione e dell’inclusione di tutte le forme possibili e impossibili nel campo dell’arte di oggi, penso che si possa dire: “Sì, sono un artista e talvolta realizzo dei video”. Ma poiché il video non ha il passato accademico e il peso storico della pittura, bisogna fare attenzione affinché non diventi una disciplina aneddottica, una sorta di hobby. I più bei video richiedono tecnica, esperienza, impegno.
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